All'università i due giuristi che hanno preparato il referendum sull'acqua
TRENTO. Continua il dibattito sull'acqua e sulle modalità di gestione dei servizi pubblici locali, tra cui quello idrico. Dalla piazza alle aule universitarie.
Dopo la partenza della campagna informativa del "Comitato Promotore per il Sì ai Referendum per l'Acqua Pubblica" avvenuta giovedì in Piazza Duomo a Trento, si è tenuto ieri alla Facoltà di Giurisprudenza il seminario "L'acqua quale paradigma dei beni comuni". U
n seminario che ha visto la partecipazione dei due giuristi che si sono occupati di redigere i quesiti referendari, mirati ad abrogare le norme che stanno accelerando il processo di privatizzazione dei servizi idrici (www.referendumacqua.it).
Da un lato Alberto Lucarelli, docente presso l'Università Federico II di Napoli; dall'altro Ugo Mattei, professore all'International University College di Torino. Difatti a seguito di una recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha ammesso due dei tre quesiti proposti, tutti gli italiani saranno chiamati a decidere attraverso un referendum se ripubblicizzare o meno i servizi idrici.
«Abbiamo proposto di accorpare il referendum alle elezioni amministrative - ha affermato Ugo Mattei -. Tuttavia, il ministro Maroni vorrebbe posticiparlo al 12 giugno: una scelta discutibile se si considera il punto di vista economico e la vicinanza della data agli esami di maturità».
Sarà un referendum importante, perché il tema dell'acqua può essere il simbolo di un cambio di paradigma. «Siamo abituati a pensare in termini di contrapposizione tra pubblico e privato: ma si tratta di un residuato di una visione non più attuale - ha continuato Mattei -. Occorre porre al centro i beni comuni, perché ormai si è persa l'idea che alcuni beni appartengano a tutti». E uno di questi beni è l'acqua. Se passerà il referendum e si avrà la vittoria del sì, da una parte s'impedirà di realizzare profitti sull'acqua.
Dall'altra, la scelta se privatizzare il servizio idrico sarà demandata ai singoli enti locali. «È il diritto europeo a fissare il principio di neutralità rispetto agli assetti proprietari, lasciando gli enti pubblici liberi di decidere le modalità di gestione - ha spiegato Alberto Lucarelli -. In Italia, infatti, il processo di privatizzazione non tiene conto del diritto europeo: ma anzi, si serve del diritto europeo per avvallare determinate scelte politiche».
Quindi l'attuale articolo 23 bis della Legge 133/2008 relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, che si vorrebbe abrogare, non risulta giustificato da alcuna disposizione normativa comunitaria. «Il 23 bis riproduce nello spirito le privatizzazione forzate e si pone in contrasto anche con l'articolo 43 della Costituzione: è stato un vero e proprio blitz» ha concluso Lucarelli.
di Serena Bressan
Dopo la partenza della campagna informativa del "Comitato Promotore per il Sì ai Referendum per l'Acqua Pubblica" avvenuta giovedì in Piazza Duomo a Trento, si è tenuto ieri alla Facoltà di Giurisprudenza il seminario "L'acqua quale paradigma dei beni comuni". U
n seminario che ha visto la partecipazione dei due giuristi che si sono occupati di redigere i quesiti referendari, mirati ad abrogare le norme che stanno accelerando il processo di privatizzazione dei servizi idrici (www.referendumacqua.it).
Da un lato Alberto Lucarelli, docente presso l'Università Federico II di Napoli; dall'altro Ugo Mattei, professore all'International University College di Torino. Difatti a seguito di una recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha ammesso due dei tre quesiti proposti, tutti gli italiani saranno chiamati a decidere attraverso un referendum se ripubblicizzare o meno i servizi idrici.
«Abbiamo proposto di accorpare il referendum alle elezioni amministrative - ha affermato Ugo Mattei -. Tuttavia, il ministro Maroni vorrebbe posticiparlo al 12 giugno: una scelta discutibile se si considera il punto di vista economico e la vicinanza della data agli esami di maturità».
Sarà un referendum importante, perché il tema dell'acqua può essere il simbolo di un cambio di paradigma. «Siamo abituati a pensare in termini di contrapposizione tra pubblico e privato: ma si tratta di un residuato di una visione non più attuale - ha continuato Mattei -. Occorre porre al centro i beni comuni, perché ormai si è persa l'idea che alcuni beni appartengano a tutti». E uno di questi beni è l'acqua. Se passerà il referendum e si avrà la vittoria del sì, da una parte s'impedirà di realizzare profitti sull'acqua.
Dall'altra, la scelta se privatizzare il servizio idrico sarà demandata ai singoli enti locali. «È il diritto europeo a fissare il principio di neutralità rispetto agli assetti proprietari, lasciando gli enti pubblici liberi di decidere le modalità di gestione - ha spiegato Alberto Lucarelli -. In Italia, infatti, il processo di privatizzazione non tiene conto del diritto europeo: ma anzi, si serve del diritto europeo per avvallare determinate scelte politiche».
Quindi l'attuale articolo 23 bis della Legge 133/2008 relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, che si vorrebbe abrogare, non risulta giustificato da alcuna disposizione normativa comunitaria. «Il 23 bis riproduce nello spirito le privatizzazione forzate e si pone in contrasto anche con l'articolo 43 della Costituzione: è stato un vero e proprio blitz» ha concluso Lucarelli.
di Serena Bressan
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