17.2.11

Berlino dice no all’acqua privatizzata

Fonte: Giornalettismo.com del 14 febbraio 2011

Il referendum nella città boccia l’affidamento alle aziende del servizio pubblico

Berlino dice nein all'acqua privatizzata.

Il referendum che voleva annullare la privatizzazione parziale della società di gestione dei servizi idrici si è concluso ieri con un trionfo dei sì: ne servivano almeno 616.571, ne sono arrivati 665.713. Un risultato che ha sorpreso gli stessi promotori.

UN BENE ESSENZIALE – In serata, scrive Alessandro Alviano sulla Stampa, nel tendone da circo a due passi dal vecchio tracciato del Muro che hanno affittato per seguire i risultati, si contavano più giornalisti che sostenitori del referendum. «Ci speravo, ma non me l’aspettavo più vista la scarsa affluenza in mattinata », racconta Andreas Fuchs, il cassiere del comitato referendario. «È la prova che si può fare molto anche con pochi mezzi», aggiunge, ricordando che il comitato disponeva di appena 12 mila euro ottenuti dalle donazioni. A titolo di paragone: gli organizzatori del referendum sulla religione a scuola, fallito due anni fa, avevano raccolto centinaia di migliaia di euro. «Un bene essenziale come l’acqua non può essere fonte di profitto, vogliamo che torni in mano pubblica» gioisce il portavoce del comitato, Thomas Rudek. «È un segnale anche per voi in Italia», si inserisce la sua collega Dorothea Härlin. Il referendum chiedeva di pubblicare integralmente il contratto con cui nel 1999 il Land di Berlino vendette alle società RWE e Veolia il 49,9% dell’azienda dei servizi idrici comunali (Berliner Wasserbetriebe). Stando a Rudek, dal 2001 le tariffe dell’acqua sono salite del 35% e oggi sono tra le più alte in Germania. A Berlino un metro cubo d’acqua costa 5,12 euro, a Colonia 3,26.

MANI PUBBLICHE - Su pressione dei promotori, il Comune ha pubblicato a novembre circa 700 pagine del contratto di privatizzazione parziale: da esse emerge che la città ha garantito alti margini di guadagno a RWE e Veolia. Non solo, ma dal 1999 al 2009 RWE e Veolia hanno incassato più utili di Berlino (1,3 miliardi contro 696 milioni), e questo sebbene la città- Stato detenga il 50,1% della Berliner Wasserbetriebe. Secondo indiscrezioni stampa, nel 1999 vennero firmate altre cinque intese i cui contenuti sono ancora oggi segreti. Ora il parlamento del Land dovrà votare una legge sulla pubblicazione integrale del contratto di privatizzazione. In caso di rifiuto il comitato referendario è pronto a fare ricorso. Il suo obiettivo ultimo resta però quello di riportare interamente la BerlinerWasserbetriebe nelle mani pubbliche. Evitando al tempo stesso di replicare quanto è successo nella vicina Potsdam, dove la società di gestione dei servizi idrici è stata rimunicipalizzata dieci anni fa ma i prezzi sono aumentati e oggi un metro cubo d’acqua costa più che a Berlino: 5,82 euro. Sabato il governo cittadino aveva dichiarato inutile la consultazione. Ieri sera il sindaco Klaus Wowereit ha provato a contenere i danni. L’esito conferma la nostra politica, ha spiegato. Berlino è infatti in trattative con RWE per riacquistare la sua quota nella Berliner Wasserbetriebe.

16.2.11

17 febbraio, ore 20.30, a Tione - MOVIMENTI IN DIFESA DELL'ACQUA IN AMERICA LATINA


giovedì 17 febbraio,
alle ore 20.30
presso la sala conferenze del municipio di Tione di Trento

Si terrà un incontro sui movimenti che in America Latina hanno lottato e lottano per la difesa dell'acqua!
In Italia come in molte altre parti del mondo,... i popoli sono in piedi
per difendere il diritto all'acqua!

Un'iniziativa in preparazione ai referendum contro la privatizzazione dell'acqua.


Comitato Acqua Bene Comune Valli Giudicarie

9.2.11

Acqua, Comitato contro la Provincia

Fonte: Trentino del 8 febbraio 2011
TRENTO. Una società interamente pubblica per la gestione dell’acqua in Trentino, nata dalla costola di Dolomiti Energia che ha attualmente in mano le 200 mila utenze dei 17 Comuni di fondovalle. E’ la direzione intrapresa da Piazza Dante per impedire la provincializzazione imposta dal decreto Ronchi. Una strada che, però, il comitato dei referendari contesta: «Il tempo delle Spa è finito».

Qualcuno forse potrebbe rimanere disorientato. Sia la Provincia, facendo valere le prerogative autonomistiche, che il Comitato per il referendum, con il suo milione e 400 mila firme incassate, propugnano la liberalizzazione dell’acqua. Stanno cioè dalla stessa parte della barricata.
Ma i referendari respingono l’ipotesi della società pubblica, introdotto dall’articolo 22 della finanziaria provinciale. Sotto accusa, in particolare, il passaggio dove si stabilisce che anche in Trentino nelle Spa a capitale misto il socio privato possieda almeno il 40% del capitale sociale. Una decisione che - secondo i referendari - «non tiene conto delle sensibilità espresse da gran parte dei cittadini».
Il perché lo spiega Francesca Caprini, referente provinciale del comitato: «Stiamo portando avanti da anni una lotta in difesa dell’acqua pubblica che è anche e soprattutto una grande battaglia culturale in difesa dei beni comuni. Una forma di resistenza e di proposta dal basso».
Una questione politico-filosofica, ma anche economica. «Dati alla mano - continua Caprini - sappiamo bene che 15 anni di privatizzazioni idriche hanno fatto aumentare le bollette e diminuire gli investimenti, in tutta Italia e anche sul territorio trentino. Lo ha detto, venerdì a Trento, Alberto Lucarelli, uno dei due estensori dei quesiti referendari: il tempo delle Spa è finito. Per quanto a totale capitale pubblico, hanno sempre come finalità il profitto. E l’acqua non può più essere considerata una merce».
Per Caprini le società in-house non sono la panacea, anzi. «L’ente locale si pone di fatto in un terribile conflitto d’interesse, poiché da una parte deve garantire un servizio pubblico e tutelare i cittadini, mentre dall’altra gode di dividendi tanto più alti quanto più su quel servizio idrico la speculazione è forte e le bollette salate. Con questo referendum si potrà far cadere l’intero castello di interessi costruiti intorno all’acqua».


«Ma l’autonomia ci dà gli strumenti»


TRENTO. Michele Nardelli (Pd) è il primo firmatario dell’ordine del giorno per la creazione di una società di gestione del servizio idrico “interamente controllata dagli enti pubblici che attualmente partecipano a Dolomiti Energia”.
- Nardelli, il Trentino ha competenza primaria sull’acqua e punta a una gestione completamente pubblica. In che modo?
Quando, nel dicembre 2009, venne votato il decreto Ronchi, presentammo una mozione in consiglio provinciale nella quale si diceva che l’acqua è un bene comune non assoggettabile alle logiche di mercato. Questo documento è stato trasformato in un ordine del giorno assunto durante il dibattito sulla finanziaria 2010.
- Qual è la situazione ora?
Abbiamo 193 Comuni che esercitano una gestione diretta in economia o con società in-house, cioè totalmente controllate da essi. Altri 17 hanno affidato la gestione a Dolomiti Energia e ci sono altri 7 gestori territoriali, che sono società o proprietà dei Comuni, di consorzi di Comuni o di aziende speciali. Dolomiti Energia è a maggioranza pubblica: Trento, Rovereto e Tecnofin hanno il 47,8%, Trento da sola il 5,8, Rovereto il 4,3, gli altri Comuni il 2,8%, il Bim il 2%.
- Qual è stata la spinta che vi ha mosso ad intervenire?
Abbiamo fatto questo ragionamento: ferma restando la via maestra del referendum per l’abolizione del decreto Ronchi, contemporaneamente possiamo avvalerci delle prerogative autonomistiche previste dagli articoli 8 e 9 dello Statuto che affidano alle due province “l’assunzione diretta di servizi pubblici e la loro gestione a mezzo di aziende speciali”. Partendo da qui abbiamo fatto due operazioni: la prima è stata di avere proposto nella legge finanziaria, all’articolo 22, la facoltà da parte dei Comuni con gestione diretta o in-house di continuarla; inoltre, siccome la scadenza della gestione avveniva il 31/12/2010, abbiamo prorogato i termini di un anno, affinché i Comuni che stanno dentro Dolomiti Energia decidessero o di rimanervi o di attivarsi attraverso una società diversa.
- Come si dà vita a questa società pubblica?
Questo è possibile perché esiste, nell’atto costitutivo di Dolomiti Energia, una clausola di scorporo che può essere attivata entro il 31 marzo 2011. Tutto il know-how del ramo acqua confluirebbe in questa nuova società. Abbiamo anche approvato un ordine del giorno in cui si impegna la giunta a sostenere la formazione di un soggetto interamente pubblico per la gestione dell’acqua.
- Ai Comuni non resta altro che scegliere quindi...
Ci sono altri due piccoli particolari. Primo, in Dolomiti Energia è entrata, all’epoca, Trentino Servizi, che era proprietaria degli impianti. Bisogna quindi rientrare in possesso dell’acquedotto. Secondo, i numeri non devono ingannare: i 17 Comuni che affidano la gestione a Dolomiti Enmergia rappresentano quasi 200 utenze, perché sono quelli più importanti. E’ evidente che ai privati fanno più gola queste utenze: quelle di fondovalle.
- Il federalismo può essere la chiave di volta per tutelare l’acqua in tutta Italia?
Credo che un vero federalismo potrebbe esserlo. Purtroppo quello che ci viene propinato no. Le garanzie di cui gode il trentino dovrebbero essere quelle di tutti.
- Un milione e 400 mila firme raccolte. Eppure l’acqua ha poca presa sui media. C’è il rischio che gli italiani in giugno vadano al mare invece che a votare?
Alla raccolta firme ho visto una partecipazione molto forte: questo è un segnale. E poi l’acqua è un tema che tocca le corde profonde del cittadino: siamo fatti di acqua, l’acqua è la vita e ha un valore simbolico eccezionale. (l.m.)

6.2.11

«Ormai si è persa l'idea del bene comune»

Fonte: Trentino del 5.02.2011

All'università i due giuristi che hanno preparato il referendum sull'acqua

TRENTO. Continua il dibattito sull'acqua e sulle modalità di gestione dei servizi pubblici locali, tra cui quello idrico. Dalla piazza alle aule universitarie.
Dopo la partenza della campagna informativa del "Comitato Promotore per il Sì ai Referendum per l'Acqua Pubblica" avvenuta giovedì in Piazza Duomo a Trento, si è tenuto ieri alla Facoltà di Giurisprudenza il seminario "L'acqua quale paradigma dei beni comuni". U
n seminario che ha visto la partecipazione dei due giuristi che si sono occupati di redigere i quesiti referendari, mirati ad abrogare le norme che stanno accelerando il processo di privatizzazione dei servizi idrici (www.referendumacqua.it).
Da un lato Alberto Lucarelli, docente presso l'Università Federico II di Napoli; dall'altro Ugo Mattei, professore all'International University College di Torino. Difatti a seguito di una recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha ammesso due dei tre quesiti proposti, tutti gli italiani saranno chiamati a decidere attraverso un referendum se ripubblicizzare o meno i servizi idrici.
«Abbiamo proposto di accorpare il referendum alle elezioni amministrative - ha affermato Ugo Mattei -. Tuttavia, il ministro Maroni vorrebbe posticiparlo al 12 giugno: una scelta discutibile se si considera il punto di vista economico e la vicinanza della data agli esami di maturità».
Sarà un referendum importante, perché il tema dell'acqua può essere il simbolo di un cambio di paradigma. «Siamo abituati a pensare in termini di contrapposizione tra pubblico e privato: ma si tratta di un residuato di una visione non più attuale - ha continuato Mattei -. Occorre porre al centro i beni comuni, perché ormai si è persa l'idea che alcuni beni appartengano a tutti». E uno di questi beni è l'acqua. Se passerà il referendum e si avrà la vittoria del sì, da una parte s'impedirà di realizzare profitti sull'acqua.
Dall'altra, la scelta se privatizzare il servizio idrico sarà demandata ai singoli enti locali. «È il diritto europeo a fissare il principio di neutralità rispetto agli assetti proprietari, lasciando gli enti pubblici liberi di decidere le modalità di gestione - ha spiegato Alberto Lucarelli -. In Italia, infatti, il processo di privatizzazione non tiene conto del diritto europeo: ma anzi, si serve del diritto europeo per avvallare determinate scelte politiche».
Quindi l'attuale articolo 23 bis della Legge 133/2008 relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, che si vorrebbe abrogare, non risulta giustificato da alcuna disposizione normativa comunitaria. «Il 23 bis riproduce nello spirito le privatizzazione forzate e si pone in contrasto anche con l'articolo 43 della Costituzione: è stato un vero e proprio blitz» ha concluso Lucarelli.

di Serena Bressan

3.2.11

Aperta in Trentino la campagna 2 Sì per l'ACQUA BENE COMUNE


Si è svolta oggi in piazza Duomo la conferenza stampa per promuovere anche in Trentino l'inizio della campagna per i 2 Sì al referendum contro la privatizzazione dell'acqua. Questo il comunicato consegnato ai giornalisti che in numerosi hanno ascoltato le proposte del coordinamento dei comitati trentini per l'Acqua Bene Comune.

Dopo la raccolta di 11.000 firme per i referendum contro le privatizzazioni dell’acqua, i Comitati e gli altri soggetti che si sono attivati in Trentino nell’estate del 2010 aprono la campagna per la vittoria dei SI.
Le decisioni della Corte costituzionale nn. 24 e 26 del gennaio 2011 hanno dichiarato ammissibili i referendum promossi dai movimenti italiani per l’acqua bene comune che vogliono:
a) abrogare le norme che nel 2008-2009 hanno accelerato fortemente la privatizzazione dei servizi idrici (e di quasi tutti gli altri servizi pubblici locali);
b) creare alcune delle condizioni necessarie per avviare un processo di ripubblicizzazione dei servizi;
c) eliminare lo scandalo della remunerazione automatica garantita al capitale privato investito nel settore.

Raggiungere il quorum e vincere con una valanga di SI ha un valore specifico in Trentino: sia per il necessario contributo alla battaglia nazionale sia per battere la privatizzazione strisciante che i servizi idrici subiscono anche in questa Provincia.
Contrariamente a quanto prevedono le regole statali, lo Statuto speciale permetterebbe in Trentino esclusivamente gestioni pubbliche basate su servizi comunali in economia e aziende speciali.

Eppure, assumendosi una responsabilità grave, la Provincia di Trento ha voluto aprire al mercato i servizi idrici già nel 1993 ed ha insistito su questa strada fino alle irragionevoli norme della legge finanziaria provinciale 2011 dove (articolo 22) si raccolgono le peggiori indicazioni delle norme nazionali 2008-2009 e si stabilisce che anche in Trentino nelle SpA a capitale misto il socio privato possieda almeno il 40% del capitale sociale.

Una decisione che:
1) non ha tenuto conto delle sensibilità espresse da gran parte dei cittadini;
2) è stata mascherata con la necessità di confermare le tradizionali gestioni trentine (che erano invece già garantite dallo Statuto, dalla legge regionale n. 1/1993 e dalla legge provinciale n. 6/2004).

Al di là delle apparenze, la penetrazione delle gestioni privatizzate in Trentino ha raggiunto livelli importanti. Nel 2010, 193 Comuni su 217 mantengono gestioni realmente pubbliche; ma altri 24 (per un totale di circa 200.000 abitanti riforniti) producono il servizio idrico tramite affidamento a SpA che - miste o di totale proprietà degli enti locali - sono comunque soggetti di diritto privato tenuti a ricercare profitti di mercato.
In Trentino la sfida per la vittoria nei referendum si intreccia con altre sfide decisive.

Tra il 2011 e l’inizio del 2012 le Comunità di Valle (che hanno ora la competenza) dovranno stabilire la forma organizzativa del proprio servizio idrico e potranno scegliere tra le 4 soluzioni ancora possibili in questa Provincia:
1) le gestioni comunali in economia associate in convenzione “di territorio”;
2) le aziende speciali o gli enti pubblici economici in assetto consortile;
3) le SpA miste;
4) le SpA a totale capitale pubblico.

L’impegno dei movimenti e dei soggetti che hanno promosso il referendum e che si battono per l’acqua bene comune è vigilare che le future scelte raccolgano le preoccupazioni delle collettività, non ignorino le tradizioni di valle, non siano orientate al mercato e quando necessario aprano percorsi di recupero dei servizi oggi affidati alle SpA.

Per questo potranno essere ancora utili le modifiche degli Statuti di Comuni e Comunità di Valle per dichiarare il ciclo idrico come servizio locale di interesse generale che per sua propria natura non è possibile erogare ricorrendo alle regole del mercato e della concorrenza.
Ma le gestioni pubbliche in economia o tramite aziende non assicurano per definizione né trasparenza totale né partecipazione ampia delle collettività nelle decisioni.
Sarà questo un terreno di confronto, anche per il minimo gratuito di 50 lt/giorno/persona e uno statuto provinciale dei beni comuni.
Ci sono infine altri obiettivi. La produzione dei servizi idrici è una delle forme degli usi dell’acqua.
Le disuguaglianze e le nocività che non vogliamo passano anche in Trentino attraverso gli impieghi irragionevoli, gli sprechi, gli inquinamenti.

Il movimento per l’acqua bene comune in Trentino, febbraio 2011

Giovedì 3 febbraio: conferenza stampa "2 sì per l'Acqua Bene Comune"


Giovedì 3 febbraio, ore 11.00 in piazza Duomo, con una conferenza stampa, verrà presentata ufficialmente la campagna referendaria “2 sì per l’Acqua Bene Comune”.

Il coordinamento di forze che in Trentino si battono per l’acqua pubblica in contemporanea nazionale lanceranno le iniziative e gli appuntamenti che da qui al referendum caratterizzeranno la campagna informativa alla cittadinanza. Una vittoria culturale già vinta, certificata dall’approvazione di due quesiti su tre da parte della Corte Costituzionale, che vedrà nella vittoria referendaria un cambio epocale del concetto dei beni comuni in Trentino, in Italia, e a livello europeo, dove sarebbe la prima volta di un voto cittadino per dire si all’acqua pubblica e fuori dal mercato.



Dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale – che ha ammesso due quesiti su tre - è certo che le cittadine e i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per decidere attraverso il referendum sulla ripubblicizzazione dei servizi idrici. Prende dunque il via la campagna referendaria per l'acqua pubblica.

Anche in Trentino, movimenti, associazioni e forze che da tempo si battono in difesa dell’acqua pubblica, riuniti nel costituendoComitato Referendario Trentino “2 Sì per l'Acqua Bene Comune” lanciano ufficialmente la campagna referendaria sul nostro territorio.

Il Comitato incontrerà i giornalisti giovedì 3 febbraio alle ore 11.00 in Piazza del Duomo a Trento per spiegare con una conferenza stampa all’aperto, le fasi e le iniziative che verranno messe in campo di qui al voto.

Dopo lo straordinario risultato di oltre un milione e quattrocentomila firme ottenuto la scorsa primavera a livello italiano per dire acqua bene comune, diritto universale indisponibile e privo di rilevanza economica, finalmente il referendum.

Un percorso straordinario al quale il Trentino ha contribuito attivamente con 11.000 firme e tante iniziative, risvegliando riflessioni ed elaborazioni su gestione del territorio e dei beni comuni che oggi è quantomai attivo, e ricostruendo dal basso un nuovo modo di intendere la politica, attraverso la costituzione di numerosi comitati Acqua bene Comune e il dialogo con altre vertenze territoriali, quali quelle contro inceneritore e le nocività.

Dopo gli incontri, le conferenze, i momenti di confronto pubblici messi in campo in questi mesi nel nostro territorio, dopo ciaspolate, cene sociali, concerti, fino alla suggestiva fiaccolata del 4 dicembre scorso, possiamo dire che l’acqua è un argomento diventata centrale nel dialogo politico e di molte scelte istituzionali del Trentino.

Come è noto, la Provincia di Trento ha da tempo aperto al mercato dei servizi idrici. Un trend confermato dalla legge finanziaria provinciale 2011 dove (articolo 22) si raccolgono le peggiori indicazioni delle norme nazionali 2008- 2009 e si stabilisce che anche in Trentino nelle SpA a capitale misto il socio privato possieda almeno il 40% del capitale sociale. Una decisione che a nostro avviso contrasta con la sensibilità espresse da gran parte dei cittadini trentini e, più in generale, con le indicazioni che nei controforum mondiali, ma anche nella vicina Parigi, stanno uscendo con urgenza.Una visione che dice fuori i profitti dall’acqua, fuori l’acqua dal mercato. Si alla ripubblicizzazione.

Attraverso il voto referendario possiamo finalmente fermare la privatizzazione della gestione delle risorse idriche.Un esempio di democrazia e di presa di coscienza da parte dei cittadini. Ecco perché il largo schieramento pro referendum anche in Trentino si appresta a scendere in campo con forza.

Giovedì verrà presentato il logo della campagna referendaria, scelto attraverso un sondaggio on-line a cui hanno partecipato migliaia di cittadini e la Manifestazione Nazionale del 26 marzo a Roma. Verranno spiegate le modalità della campagna di autofinanziamento che prevede, tra l'altro, la restituzione di quanto sottoscritto dai cittadini una volta ricevuto il rimborso elettorale.

E le iniziative dei prossimi mesi. Per sensibilizzare, informare, confrontarci, su una delle tematiche più importanti del nostro tempo.


Coordinamento Trentino per l’Acqua Bene Comune

2.2.11

Campagna referendaria al via. Il governo non provi a scippare la democrazia



COMUNICATO STAMPA


Questa mattina, alle 11.30 presso la sede della FNSI, a Roma, si è svolta la conferenza stampa del Comitato Referendario 2 Sì per l'Acqua Bene Comune.

Paolo Carsetti, esponente del Comitato Referendario, sollecitato dai giornalisti presenti ha parlato del Consiglio dei Ministri del prossimo venerdì, che ha annunciato di voler proporre riforma dei servizi pubblici locali: “Non si sognino di scipparci i referendum sull'acqua, – ha detto Carsetti – la volontà degli elettori è quella di andare a votare per la ripubblicizzazione. Non ci dimentichiamo che i referendum sono stati sottoscritti da un milione e mezzo di cittadine e cittadini”.

Durante la conferenza stampa sono state avanzate altre due richieste al Governo: quella di un immediato provvedimento di moratoria sulle norme che vogliono privatizzare l'acqua almeno fino al voto referendario e quella di accorpamento della scadenza referendaria con quella delle elezioni amministrative della prossima primavera. È stato presentato il logo della campagna referendaria, scelto grazie ad un concorso di idee tra gli attivisti e da un sondaggio on-line cui hanno partecipato oltre 10mila persone e realizzato da Michele Giugni, del Comitato pratese. Infine sono stati presentati i prossimi eventi organizzati dal comitato promotore, come ilFestival dell'acqua di Sanremo programmato nella città ligure negli stessi giorni di quello del Festival della Canzone Italiana e come il fine settimana del 5 e 6 febbraio quando, in moltissime piazze italiane, verranno realizzate iniziative e banchetti per l'autofinanziamento partecipato che prevede, tra l'altro, la restituzione del contributo sottoscritto dai cittadini una volta che il Comitato Referendario avrà ricevuto il rimporso elettorale.

Margherita Ciervo, anche lei del Comitato Referendario, ha insistito sulla straordinaria portata politica di un referendum che “ha già stabilito due primati, da una parte è stato quello più sottoscritto nella storia della Repubblica, dall'altro è il primo non promosso dai partiti ma direttamente darealtà sociali, associative e cittadini”.

Stefano Rodotà, giurista e tra gli estensori dei quesiti referendari ha sottolineato come ci sia “necessità di riattivare un dibattito pubblico sui beni comuni, a partire dall'acqua, a cui i partiti non dovranno sottrarsi”.

Padre Alex Zanotelli ha tuonato contro la Legge Ronchi, definendola “una vera e propria bestemmia”, rivendicando come il movimento dell'acqua, in Italia, abbia già ottenuto straordinari risultati e di come adesso “dobbiamo vincere i referendum”.

Roma, 2 febbraio 2011