24.7.10

Acqua, sì al privato purché locale

fonte: Trentino — 17 luglio 2010

TRENTO. Il privato non è il male assoluto. E’ anzi un bene se nella gestione delle risorse idriche porta capitali locali “sani” e principi di gestione manageriali, in un contesto di crescente debolezza finanziaria dei comuni. Ne è convinto Marino Simoni, presidente del Consorzio dei Comuni. Che però dice stop all’ingresso di grandi gruppi spinti da interessi speculativi. «Tutti sosteniamo il concetto che l’acqua deve rimanere pubblica e non va privatizzata», premette Simoni. «Su questo punto il dibattito è chiuso: si tratta semplicemente di assumere le adeguate misure a tutela di tale principio». La concessione demaniale pubblica non va toccata. Altra cosa è la gestione: «La normativa comunitaria ha imposto ai Comuni che avevano forme consortili di amministrazione, di non gestire il servizio in maniera diretta, ma attraverso l’allargamento al privato sociale. Formule che sono state adottate a Trento, ma anche in altre zone e da noi in Primiero. E direi che i risultati, fermo restando che le tariffe le fanno i comuni, sono stati buoni». Questo il quadro in sintesi: «Gli acquedotti sono pubblici, le fonti in concessione ai Comuni, al privato resta un’attività gestionale che porta capitali e anche il concetto imprenditoriale di managerialità dentro a realtà che potevano essere accusate di essere mal gestite. Il pubblico soffre spesso di elefantiasi e clientelismo e non sempre ha le risorse necessarie. Quella seguita finora, di allargamento alla comunità economica privata, è la giusta strada e talora una necessità». No secco invece ai grandi gruppi: «Guai se intervenissero meccanismi speculatori esterni al sistema. Non sarebbe né accettabile, né etico, né inseribile nel concetto di autonomia in cui crediamo, intesa come autogoverno e autogestione. Andremmo incontro a meccanismi ingovernabili. Le concessioni devono restare in mano alla Provincia». Difende il decreto Ronchi il deputato leghista Maurizio Fugatti: «Nei gazebo c’è scritto “Firma contro la privatizzazione”, come se ci fosse un provvedimento che mira a privatizzare l’acqua, ma questo non è vero. Sia l’acqua che le reti idriche sono e rimangono un bene pubblico». I Comuni hanno diverse opzioni: «Ci sono due modalità ordinarie per conferire la gestione delle reti: la prima è una gara alla quale possono partecipare società in qualunque forma costituite, la seconda prevede la partecipazione di società miste pubblico-private, dove il socio privato deve avere una partecipazione non inferiore al 40%. Il Comune può decidere che gara scegliere e se vuole può tenersi il 60%, cioè la maggioranza delle azioni». C’è di più: «La cosa più importante per il Trentino è la deroga che riguarda le società in house, cioè a completo capitale pubblico e dove l’affidamento avviene senza gara. La legge lo ammette in situazioni eccezionali geomorfologiche ambientali o economiche. A decidere è l’Antitrust, cui il Comune deve chiedere un parere, che comunque non è vincolante, ma preventivo. Non solo: questo parere non è necessario se il valore del servizio affidato non supera i 200 mila euro e neppure se li supera ma il servizio è affidato ad una società dai bilanci “sani”. Crediamo di avere messo sufficienti paletti a tutela della proprietà pubblica»

di Luca Marognoli

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