6.12.10

I Guardiani dell'acqua a Trento


di Francesca Caprini

Sabato 4 dicembre: la fiaccolata trentina in difesa dei beni comuni. Una risposta ferma a chi vuole ignorare un milione e mezzo di firme raccolte in appoggio al referendum. Per la moratoria. E per il ritiro, in Trentino, della "proposta Gilmozzi", inserita in finanziaria 2011.

Sabato luminoso, a Trento. Illuminato da 700 fiaccole. Riscaldato da una grande, pacifica, tenace, determinazione.
700 persone, tante hanno partecipato alla fiaccolata per l’acqua e i beni comuni, organizzata dai comitati Acqua Bene Comune del Trentino, appoggiata dai gruppi cittadini che portano avanti battaglie grandi e piccole contro aggressioni industriali, chimiche, edilizie al nostro territorio, che le comunità ritengono non idonee, ingiustificate. Ingiuste.
700 persone fra cui centinaia di studenti universitari e medi, che da giorni in tutta Italia stanno coraggiosamente mettendosi in gioco, affrontando manganelli e polizia, ignoranza e ridicolizzazioni, per difendere il diritto allo studio, per loro e per chi dopo di loro vorrà accedere a scuole e facoltà senza distinzioni e classismi.
Beni comuni: acqua, aria territorio, cultura.
Sabato per le vie e le piazze di Trento, attorno ai monumenti, alle fontane. Si è raccolta la società attiva. La cittadinanza che vuole riprendersi la parola. Persone che hanno voglia di riempire di significato una politica svuotata, che si regge su dettami che non possono essere più condivisi. Persone che stanno studiando le leggi, conoscono il territorio, che si stanno rendendo conto.
Per le strade e fra la gente si svolgeva il messaggio dell’alternativa: un altro mondo possibile, un altro pensiero possibile dove c’è spazio, dove si riesce ancora a stare assieme e decidere senza prevaricare. E i paramentri non sono i profitti solitari, ma i valori condivisi.
Si è partiti da via Belenzani, nel cuore del centro storico della città. Sono arrivati gli studenti dalla facoltà di Sociologia occupata, che poco prima avevano calato uno striscione dalla Torre civica del Duomo: "Abbiamo sete di sapere non privatizzato". Eravamo già tanti. Abbiamo acceso le fiaccole, srotolato gli striscioni, fatto partire la musica.
Lungo il tragitto, tanti altri si sono aggiunti.
Dal microfono aperto, gli appelli alla difesa delle montagne, contro le privatizzazioni, per una elaborazione comune della gestione dei beni collettivi. Appelli in sostegno ai quesiti referendari, per cui in migliaia si è lavorato in primavera per la raccolta firme. Perchè vengano rispettati, anche attraverso l’applicazione di una moratoria che congeli il decreto Ronchi, già attivo con la fine dell’anno. E perchè il referendum contro la privatizzazione dei servizi idrici si svolga nel 2011 così come previsto, senza che il balletto del governo in bilico infici un cammino serio, di democrazia vera.
Siamo arrivati in Piazza Duomo a Trento. 700 facce sorridenti, che si son fatte guardiane del patrimonio collettivo, della terra che amano, dell’acqua di cui vogliono ricominciare ad ascoltare la voce, dell’università che hanno bene in testa come vorrebbero.
Guardiani dei beni comuni.
Il 4 dicembre di Trento si è unito alle manifestazioni che in tante città d’Italia hanno portato un numero impressionante di persone di nuovo nelle piazze, con creatività ed allegria. Un 4 dicembre che parlava al Messico, a Cancun, mentre i lavori del COP 16 sperano ancora di illudere qualcuno su possibili reali cambiamenti delle politiche governative che in tutto il mondo stanno devastando territori, perpetrando conflitti, creando ogni giorno nuove povertà.
Un 4 dicembre, a Trento come in tutta Italia, difficile da strumentalizzare. Anche per coloro che hanno paura dei movimenti orizzontali spontanei. Anche per coloro che dicono che la società civile ha diritto di dire la sua, ma poi le decisioni vengono prese nei gabinetti e negli alti uffici delle auto blu. Anche per coloro che alla vista di centinaia di fiaccole e visi sorridenti, ci dice di andare a lavorare. Perchè la vita vera è quella per cui ognuno pensa per sè, e che gli altri si arrangino.
700 fiaccole erano un bel colpo d’occhio. Esprimeva quello che le 700 persone che le stavano portando, volevano dire: calore, luce, unione; ci prendiamo la città per qualche ora, ci prendiamo la vostra attenzione per qualche tempo. Gridiamo con gentilezza che abbiamo bisogno di poter essere ascoltati. Perchè chi di voi ha paura di ascoltare le voci diffuse, che si stanno organizzando, che stanno innovando, porta avanti un discorso sordo, superato. Spento.

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