Il Comitato acqua bene comune della Valle di Cembra ha rivolto un lungo comunicato ai Comitati e ai soggetti che si sono impegnati in Trentino per il successo dei referendum, quello per l'acqua pubblica in particolare. Lo pubblichiamo perché dalla sua lettura si ricavano indicazioni sulla complessità del percorso che ci attende verso la ripubblicizzazione dei servizi idrici, in particolare in Trentino.
Per come sono stati configurati dalle decisioni di ammissibilità della Corte Costituzionale, i quesiti referendari potevano solo fermare la privatizzazione spinta e obbligatoria dei servizi pubblici locali (non solo dei servizi idrici) e riaprire spazi per avviare processi di vera ripubblicizzazione. Non hanno però potuto espellere definitivamente dalla gestione attuale e futura di questi servizi le SpA a capitale misto pubblico-privato o totalmente pubblico. Proprio sulla base di questo inevitabile limite si appropriano della vittoria dei referendum anche forze politiche che negli anni passati hanno fatto di liberalizzazioni e privatizzazioni una bandiera.
Anche in Trentino non tace chi crede e fa credere che l'affidamento di un servizio ad una SpA mista con solida maggioranza di capitale pubblico oppure l'affidamento ad una SpA con capitale 100% pubblico equivalgano ad una gestione comunale diretta "in economia" o ad una gestione tramite un ente di diritto pubblico (azienda speciale, consorzio).
La classe dirigente provinciale spinge con forza sull'ipotesi di nuove SpA 100% pubbliche per i servizi idrici del Trentino. Dimentica però di dirci dei veri effetti attesi: più potere clientelare, più politiche consociative, ancora minore autonomia degli enti locali, insomma un po' di democrazia in meno.
Redazione Ecce Terra
Trento, 17 giugno 2011
Con questo messaggio vogliamo raggiungere chi dalla fine del 2009 si è impegnato sui problemi dell'acqua bene comune in Trentino, e in particolare chi ha lavorato nei Comitati di territorio. Ma lo indirizziamo anche a tutti gli iscritti nelle liste trentino-acqua-bene-comune e referendum-acqua del Trentino, e a qualche amico, perché sulle questioni che poniamo ci interessa una risposta allargata.
L'esito del voto referendario - visto quanto accaduto negli ultimi mesi - non ci ha sorpreso. Non abbiamo mai nascosto di avere dubbi se il referendum fosse una scelta giusta e soprattutto se i contenuti del percorso fatto per arrivarci preparassero adeguatamente il seguito del cammino necessario. Ma per la vittoria dei SÌ ci siamo battuti come tutti gli altri fin dal primo momento.
Sappiamo con certezza - come ci siamo detti tante volte negli ultimi mesi - che questo successo non è un punto di arrivo ma un punto di partenza per un lungo e per niente scontato processo di ripubblicizzazione dei servizi idrici civili in Italia e (con le diversità che conosciamo) in Trentino.
Riprendiamo in sintesi quella che ormai è informazione diffusa nel movimento dell'acqua sulle modalità di gestione dei servizi idrici possibili dopo il 13 giugno in questo paese.
Il referendum ha fermato l'accelerazione delle privatizzazioni di settore impressa dalle norme statali del 2008-2009, ha rovesciato la forte preferenza accordata dal Governo Berlusconi alle SpA miste rispetto alle SPA a capitale totalmente pubblico e infine (cfr. la Corte Costituzionale nella decisione di ammissibilità del primo quesito) ha aperto all'applicazione del diritto europeo sui servizi pubblici locali: questo - in prima approssimazione - ammette tanto il ricorso alle imprese private e alle SpA miste o totalmente pubbliche quanto il ricorso a soggetti di diritto pubblico, alle aziende speciali ed alle assunzioni dirette da parte degli enti titolari del servizio.
Dunque il referendum non ha annullato la possibilità teorica di nuove privatizzazioni né cancellato quelle già esistenti. È chiaro però che il quadro in cui ora si giocano le lotte per l'acqua bene comune è ben diverso da prima. Ed è chiaro come la fine della remunerazione automatica del capitale privato investito nei servizi idrici civili metta in difficoltà l'avversario, che però proverà a sostituire il vantaggio perduto con altre soluzioni (magari con quella del Trentino, dove il bilancio pubblico provinciale è fortemente impegnato su costruzione e manutenzione straordinaria di infrastrutture poi consegnate alle SpA a canoni d'uso irrisori).
Le indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale - specialmente nella sentenza n. 325/2010 ma anche nelle decisioni che hanno accolto i due quesiti referendari vittoriosi - comportano che l'affidamento dei servizi idrici da oggi (e salvi nuovi colpi di mano del Governo):
- non potrebbe più basarsi sul sistema normativo del 2000-2003 con cui la scelta verso le SpA e il mercato si era compiuta attraverso l'eliminazione delle aziende speciali e delle gestioni comunali in economia (salve quelle dei Comuni fino a 1.000 abitanti inclusi nelle Comunità montane);
- si baserebbe invece sul diritto europeo. La normativa europea di settore è neutrale rispetto alle modalità di gestione: dispone che i "servizi pubblici di interesse economico generale" (quelli che in Italia si chiamano servizi di rilevanza economica o di interesse economico) siano prodotti tramite SpA miste o totalmente pubbliche oppure tramite imprese private; mentre considera fuori dal mercato i servizi dichiarati "servizi pubblici di interesse generale" (quelli che in Italia si chiamano servizi privi di rilevanza economica o privi di interesse economico) e ammette che siano organizzati anche con gestioni dirette comunali in economia e aziende speciali o enti vari di diritto pubblico.
Siamo tutti informati, poi, che in Trentino la situazione è già da molto tempo equivalente a quella nuova che si è prodotta in Italia, anzi migliore perché in questa Provincia (per Statuto e per legge provinciale) anche i servizi pubblici di interesse economico si possono gestire tramite assunzioni dirette comunali in economia e aziende speciali o enti di diritto pubblico, oltre che tramite SpA miste o totalmente pubbliche e imprese private.
La campagna referendaria ha secondo noi messo in evidenza una contraddizione forte all'interno del movimento trentino per l'acqua bene comune e all'interno dei soggetti che si sono impegnati per la vittoria dei SÌ, o se si preferisce una netta diversità di opinioni su un aspetto cruciale.
Si tratta della valutazione tecnica e politica sulla natura e sull'attività delle SpA a capitale totalmente pubblico che nella Provincia di Trento producono servizi pubblici locali e in particolare il servizio idrico civile.
Per alcuni (singoli, interi Comitati, partiti, pezzi di partiti) l'affidamento del servizio a questo tipo di SpA è in sostanza una delle forme possibili di autoproduzione - equivalente perciò alla gestione in economia o mediante azienda speciale o mediante ente di diritto pubblico - poiché le norme sulla vigilanza e sulla direzione da parte del proprietario pubblico offrirebbero sufficienti garanzie.
Per altri le SpA a capitale totalmente pubblico sono entità private soggette al diritto commerciale su cui il controllo pubblico è impossibile (nel caso dei Comuni con piccole partecipazioni) o illusorio (negli altri casi) e sulla cui base in Trentino si è creato un preoccupante sistema di riproduzione di potere clientelare.
Dopo queste premesse, qualche valutazione politica.
La contraddizione di cui parliamo ha trovato le sue radici nella stessa impostazione dei quesiti referendari, come riconfigurati dalle decisioni della Corte Costituzionale, che non hanno potuto dare un colpo definitivo a tutte le forme di gestione tramite SpA di qualunque tipo.
Il risultato del referendum, ripetiamo, ha arrestato la privatizzazione spinta ma non ha tolto di mezzo le SpA. Anzi, paradossalmente (e certo involontariamente) ha riequilibrato i rapporti di forza tra le SpA a capitale misto e quelle a capitale totalmente pubblico. Anche per queste ragioni, secondo noi, il referendum è stato appoggiato - in Italia e in Trentino - da forze politiche che con il sistema delle SpA pubbliche hanno costruito ampi spazi di potere; e che - per altro verso - insistono nel sostenere come una solida maggioranza di capitale pubblico nelle SpA miste assicuri tutto sommato un adeguato livello di controllo (possibilmente garantito anche da un'Autorità centrale di vigilanza).
Forse senza questi appoggi il quorum non sarebbe stato raggiunto? È probabile.
In ogni caso, la nostra idea è che queste contraddizioni andavano meglio esplicitate in tutto il paese e se non altro in Trentino anche durante il percorso verso il referendum, non prevalentemente taciute: con il risultato di avere avuto - senza la necessaria chiarezza - compagni di strada che saranno tra gli avversari di domani.
Per noi la questione non ammette dubbi.
Non esiste la minima possibilità che - evitato con il successo referendario l'obbligo di avere il socio privato almeno al 40% - una maggioranza qualsiasi di capitale pubblico in una SpA mista garantisca di orientarne l'attività verso i fini sociali propri del servizio idrico.
Le SpA 100% pubbliche, poi, sono secondo noi una forma specifica di privatizzazione che - come l'altra - demolisce le autonomie comunali, rinforza i sistemi clientelari, fa arretrare democrazia e coesione nella società locale. Una analisi del quadro normativo provinciale e degli Statuti di numerose SpA pubbliche del Trentino (per limitarsi al nostro territorio) fa emergere del resto che non esiste una regola-base secondo cui una SpA nata totalmente pubblica non si apra in futuro al capitale privato; questa apertura in qualche caso è negata dalle norme statutarie, peraltro sempre modificabili; questa apertura invece in qualche caso è addirittura prevista nelle norme statutarie (e anche nelle norme statutarie di una SpA cui in questa Provincia sono affidati servizi idrici, l'Azienda Intercomunale Rotaliana SpA).
Per questi motivi nei tanti incontri informativi in cui siamo stati invitati abbiamo parlato con durezza contro gli affidamenti di servizi pubblici locali a SpA, anche totalmente pubbliche. Ma abbiamo sempre informato il pubblico che tra chi si è impegnato per il SÌ esiste anche un punto di vista differente, e lo abbiamo sempre illustrato brevemente.
Le due posizioni sulle SpA pubbliche hanno convissuto in Trentino durante la campagna referendaria e si sono anche talvolta mescolate producendo informazione ambivalente, eventi organizzati in modo non abbastanza condiviso, iniziative con la presenza di persone con il cuore nelle SpA pubbliche o promotori di opere e decisioni esplicitamente dirette al saccheggio dei beni comuni.
Si dirà che le necessità del percorso referendario costringevano a mettere da parte l'intransigenza.
Però ora deve essere chiaro che il referendum è stato vinto dal popolo dell'acqua intesa come bene comune, dal popolo del servizio idrico prodotto (senza affidamenti esterni) direttamente dagli enti pubblici con il controllo partecipativo delle collettività. Non è stato politicamente vinto da chi, storico fautore di politiche di privatizzazione e di svuotamento dell'idea stessa di bene comune, è saltato in corsa sul carro dei movimenti di base vincitori e ora rivendica il successo come proprio; né da chi utilizza l'inevitabile limite dei quesiti referendari per sostenere che il risultato ha premiato anche l'ipotesi dei servizi pubblici locali gestiti con le SpA totalmente pubbliche o con le SpA miste a salda maggioranza pubblica, entrambe finalmente liberate dalla spinta del Governo Berlusconi verso l'ingresso violento, obbligatorio e tendenzialmente maggioritario del capitale privato.
In tutto il paese la battaglia per la ripubblicizzazione proseguirà con più forza di prima.
Qui in Trentino la sfida non è meno difficile anche se presenta specificità che in apparenza la facilitano. Lo Statuto di autonomia del 1972 garantisce il libero ricorso alle gestioni comunali in economia, alle aziende speciali e ad altri tipi di enti di diritto pubblico (consorzi) per erogare i servizi pubblici locali. La legislazione ordinaria della Provincia offre uguale garanzia ma nello stesso tempo ha di recente introdotto:
- il diritto per il capitale privato nelle SpA miste di ottenere almeno il 40% del capitale sociale, con una norma di fine 2010 che dovrà ora essere precipitosamente eliminata;
- un ulteriore trattamento di favore per gli affidamenti a SpA totalmente pubbliche, al contrario di quanto aveva deciso a livello nazionale il Governo Berlusconi. In Trentino, poi, la riforma istituzionale del 2006 ha stabilito che le Comunità di Valle costituiranno il quadro di riferimento per la produzione dei servizi pubblici locali, che i servizi dovranno assumere una forma associata e che - per tornare ai soli servizi idrici - il momento in cui le gestioni esistenti cambieranno assetto sarà quello successivo al disegno dei c.d. ambiti territoriali ottimali di gestione.
Cambiare l'assetto del servizio verso una dimensione industriale ed economie di scala non significa ovviamente cambiare la natura della gestione: le assemblee di Comunità di Valle potranno decidere sulla produzione associata del servizio scegliendo tra le cinque forme teoricamente possibili (imprese private, SpA miste, SpA 100% pubbliche, assunzioni in economia, aziende e consorzi di diritto pubblico).
Non sarà semplice né tecnicamente né politicamente modificare impostazioni gestionali che trovano le radici nella storia e nella cultura delle valli.
Ma la classe dirigente economica e politica di questa Provincia ha già da tempo iniziato le manovre per fare prevalere gradualmente e se possibile in ogni valle l'ipotesi degli affidamenti a SpA totalmente pubbliche già esistenti o di nuova costituzione. Questa ipotesi poggia anche sulle difficoltà economico-finanziarie dei Comuni, che sono utilizzate in modo strumentale e sono purtroppo anche alla base della sfiducia e della stanchezza mostrate da alcuni amministratori.
Abbiamo già scritto sopra che la legislazione della Provincia garantisce la gestione dei servizi pubblici locali (e quindi dei servizi idrici) senza il ricorso alle SpA di qualunque tipo. Ma è meglio fare subito dei passi irrevocabili in questa direzione.
Per questo è stato utile e sarebbe ancora utile che gli enti locali dichiarassero i servizi pubblici di loro competenza (e certamente i servizi idrici) come servizi di interesse generale non economico sottratti alle regole del mercato. E facessero questo, in particolare in Trentino, con delibere ben controllate ed allineate con le decisioni della Corte Costituzionale, con le indicazioni più recenti elaborate dai giuristi referenti dal Forum nazionale dei movimenti per l'acqua, con il risultato dei referendum che rinvia alle norme europee. Delibere anche capaci di specificare esattamente quali sono le forme di gestione su cui puntare. Perciò negli ordini del giorno e nelle delibere degli enti locali sarebbe necessario, in Trentino, indicare con precisione che il servizio idrico - nella forma associata che deve assumere nella Comunità di Valle - va organizzato o tramite convenzione intercomunale tra gestioni dirette in economia ovvero tramite aziende speciali consortili di valle (o soggetti di diritto pubblico equivalenti). Non ci si può limitare, invece, a dichiarazioni di principio che per come sono formulate lasciano spazio ai sostenitori delle SpA 100% pubbliche e persino alle SpA miste con la maggioranza del capitale sociale in mano alla parte pubblica. Purtroppo atti di questo genere si sono visti spesso in Provincia, anche negli ultimi mesi, con effetti svianti anche se non intenzionali.
C'è poi una questione che non è possibile trascurare se si vuole dare coerenza alla difesa e al rilancio delle gestioni realmente pubbliche. Ai cittadini e agli amministratori che lamentano la mancanza di risorse da investire e le difficoltà gestionali tipiche del settore pubblico (patto di stabilità, blocchi delle assunzioni, lentezze procedurali), e perciò guardano con favore alle SpA, rispondiamo che il problema va rovesciato. La fiscalità generale deve farsi totalmente carico dei servizi pubblici locali, le tariffe devono coprire i costi di esercizio ma non necessariamente e sempre quelli di investimento, gli eventuali utili vanno rigorosamente tutti reimpiegati nel settore. Esistono in teoria soldi pubblici sufficienti per produrre i servizi pubblici anche in deficit, come forma importante di ridistribuzione sociale. Ma per arrivare a questo bisogna far finire la pratica della "cattura dei bilanci" da parte di classi dirigenti che li utilizzano anche per scopi estranei ai bisogni delle collettività. Solo con questa impostazione politica eviteremo che le difficoltà del settore pubblico creino la base ideologica per le privatizzazioni.
Vorremmo, per concludere, verificare se è possibile che i Comitati territoriali impegnati in Trentino sull'acqua bene comune proseguano il cammino dopo il successo referendario condividendo questi primi obiettivi minimi:
- rifiuto netto e intransigente di gestioni attraverso SpA miste o totalmente pubbliche, sapendo che nemmeno queste ultime possono rappresentare un argine alla privatizzazione;
- pretesa che le gestioni realmente pubbliche siano sostenute politicamente ed economicamente in maniera sistematica perché possano continuare ad esistere in coerenza con il significato dei referendum vinti;
- appoggio alle gestioni in economia associate mediante convenzioni intercomunali di Valle e l'appoggio alle gestioni con aziende speciali o consorzi di Valle;
- campagna capillare per modificare gli Statuti di Comunità di Valle e comunali con la dichiarazione che il servizio idrico è servizio di interesse generale non economico da fornire fuori dalle regole del mercato con le modalità organizzative appena indicate, adottando un modello comune condiviso di delibera;
- informazione alla popolazione e vigilanza pressante sulle potenzialità di ripubblicizzazione ma anche sui pericoli di nuova privatizzazione che possono presentare le prossime decisioni delle Assemblee delle Comunità di Valle;
- avvio di un processo di ripubblicizzazione dei servizi idrici affidati alle quattro SpA che operano in Trentino, due a capitale misto (Dolomiti Reti SpA e Alto Garda Servizi SpA) due a capitale totalmente pubblico (Azienda Intercomunale Rotaliana SpA e Servizi Territoriali Est Trentino SpA);
- accesso sistematico all'informazione, come ad esempio il diritto degli utenti a leggere i patti parasociali, i contratti di servizio che regolano gli affidamenti, i verbali delle sedute dei Consigli di amministrazione delle SpA di settore;
- abrogazione immediata delle norme della legge provinciale n. 27/2010 che riproducono le disposizioni cancellate dal referendum nazionale;
- continuazione degli incontri informativi;
- avvio di un percorso collettivo per la scrittura di uno statuto dei beni comuni.
Proponiamo che su tali basi - raccogliendo i frutti delle relazioni preziose intrecciate nell'ultimo anno - si costruisca una rete organizzata tra i Comitati territoriali trentini costituiti dai cittadini e si formi finalmente tra questi una forma propria di coordinamento stabile. Questo coordinamento dovrebbe a nostro parere rimanere distinto dai partiti e dagli altri soggetti organizzati che pure hanno contribuito in modo decisivo alla vittoria dei SÌ, senza per ciò impedirci di trovare forme diverse di confronto e di lavoro comune.
Condividiamo - come molti altri incontrati il 13 sera a piazza del Duomo a Trento - la proposta di Francesco Porta per una prima giornata di riflessione e gli chiediamo di organizzarla al più presto.
Chiudiamo queste righe ricordando che gli usi civili sono solo una parte del problema della gestione dell'acqua e che si debbono affrontare in Trentino anche le questioni della ripartizione della risorsa idrica tra i differenti usi e delle criticità di alcune tipologie di utilizzazione (compatibilità, quantità, verifica dei canoni d'uso, relazioni con l'inquinamento, danni agli ecosistemi).
L'acqua non è l'unico dei beni comuni che sono ormai tra gli obiettivi di saccheggio di un modello di produzione e di consumo nemico del benessere e della dignità degli uomini; e anche in Trentino sono messi in discussione l'integrità del territorio e degli ecosistemi, la qualità dell'aria, l'accesso ugualitario all'energia, la fruizione di molti beni comuni non materiali.
Molti cari saluti a tutti
Il Comitato acqua bene comune della Valle di Cembra
15 giugno 2011